Non-fiction

I miei libri di non-fiction possono sembrare alquanto eterogenei, ma non è così. Sono versioni diverse dello stesso pensiero di fondo. Questo vale un po’ per tutto il mio lavoro, anche se, senza dubbio, ci sono degli spostamenti a seconda della forma prescelta. Come succede con il vino, è divertente cambiare tipo di bottiglia, per vedere se il sapore è diverso.

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Insegnaci la quiete è senz’altro il più personale e, per certi versi, il più emozionante dei saggi che ho scritto. È la storia di come la malattia e il dolore cronico possano portare a un cambiamento profondo nel nostro stile di vita. Ciò che inizialmente sembrava una discesa agli inferi del disagio cronico si è poi rivelato essere l’elemento catalizzatore per una profonda analisi di tutto ciò che faccio nonché un’entusiasmante svolta terapeutica.

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La fortuna dei Medici è un saggio che è ben riassunto dal sottotitolo: finanza teologia e arte nella Firenze del quattrocento. È stato il mio primo, e probabilmente ultimo viaggio attraverso la storia della scrittura. Il libro verte soprattutto sul rapporto tra il valore estimabile, o monetario, e quello inestimabile, il valore morale o estetico. Come mantenere un equilibrio tra essi? Grazie a questo libro, sono stato nominato curatore di una mostra sulla finanza nella Firenze del quindicesimo secolo che si terrà a Palazzo Strozzi nel 2010. Sarà un’occasione unica e intrigante per portare la narrativa e le idee sul piano visivo.

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Questa pazza fede è un libro che mi viene difficile da catalogare. È il racconto di una stagione calcistica (mozzafiato), di un viaggio (folle) attraverso l’Italia, e soprattutto è il tentativo di esplorare quel vasto spazio mentale che la gente dedica al calcio. Un libro sul calcio e sull’Italia quindi, ma non esclusiva degli amanti del calcio, dell’Italia e, ovviamente, del calcio italiano.

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Grosso modo nel 1990, qualcuno mi chiese di scrivere un libro sull’Italia e poi rifiutò i capitoli iniziali che mandai: “non esattamente il genere di libro che fa sognare agli inglesi la Toscana”, mi dissero. Il libro fu pubblicato comunque. Descrivendo l’esperienza con i coinquilini del nostro piccolo palazzo, avevo tentato di raccontare e insaporire tutto quello che avevo imparato nei dieci anni trascorsi in Italia. E questa è la storia di Italiani .

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Un paio d’anni dopo scrissi Un’educazione italiana, che affronta lo sfuggente tema del carattere nazionale gettando uno sguardo a cuor leggero a come i nostri bambini crescono in Italia. Suppongo che questo sia il libro in cui ho sfiorato più da vicino il sentimentalismo. Non molto da vicino, mi dicono.

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Adulterio e altri diversivi era un tentativo di fondere insieme saggistica e narrativa in una forma che risultasse allo stesso tempo piacevole e in grado di stimolare la riflessione. Probabilmente ero alla ricerca di un modo per condensare tutto quello che avevo letto e pensato in forma coerente e leggibile. Penso spesso che sia il miglior libro che ho scritto.

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Tradurre l’inglese: questioni di stile mostra come sia possibile avvicinarsi al pensiero di un autore analizzando il modo in cui viene tradotto. Forse era solo una scusa per scrivere qualcosa sugli autori che preferisco: Lawrence, Henry Green e Samuel Beckett. Ci sono capitoli anche su Woolf, Joyce e Barbara Pym.

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